
Impronta ecologica: cos’è e come ridurla partendo dagli impianti domestici
La lasciamo con i nostri comportamenti e le nostre abitudini e si chiama impronta ecologica. Misura quanti ettari globali di bosco, terreni coltivabili e da pascolo e mari occorrano per rinnovare le risorse naturali utilizzate e assorbire i rifiuti che abbiamo prodotto nel tempo. Le nostre decisioni quotidiane, infatti, incidono più di quanto pensiamo sull’ecosistema terrestre: ecco come.
Cosa si intende per impronta ecologica?
Il concetto di impronta ecologica (Ecological Footprint) è stato sviluppato negli Anni Novanta dall’ambientalista svizzero Mathis Wackernagel e dal docente universitario canadese William Rees.
Oggi è uno degli indicatori di sostenibilità per determinare l’impatto dell’attività di una persona, di un’azienda, di una comunità o di una nazione sui cambiamenti climatici. Oltre alle emissioni di CO2 (anidride carbonica), prende in considerazione anche altri agenti ambientali che concorrono a disegnare la mappa dell’impronta ecologica a livello mondiale.
A promuovere programmi di sensibilizzazione per porre un freno allo sfruttamento delle risorse ambientali e delle materie prime è il Global Footprint Network. Fondato da Wackernagel nel 2003, si pone l’obiettivo di creare un futuro in cui tutti gli esseri umani possano vivere senza nel limite delle risorse del pianeta Terra.
Come nasce l’impronta ecologica?
Come concetto, l’impronta ecologica misura il consumo di risorse e la capacità della terra di rigenerarle.
Per farlo, occorre considerare l’impatto di alcuni settori e comparti:
- secondo i dati Global Footprint Network il 26% dell’impronta ecologica è connesso alla produzione di alimenti per l’uomo;
- un’altra impronta ecologica considerevole è quella legata alla produzione di energia da combustibili fossili. Contribuisce enormemente all’emissione di gas serra che la Terra non è in grado di assorbire;
- c’è poi l’impronta fossile per il consumo di suolo per l’edificazione, che riduce anche le superfici boschive, fondamentali per contrastare gli effetti dei gas serra;
- altro ambito con un’impronta ecologica impattante è quello dell’utilizzo di beni di consumo non sostenibili o eco-friendly. Comprende quei beni di origine fossile come la plastica o che necessitano di un notevole dispendio di materie prime.
L’utilizzo di questo modello permette di prevedere ogni anno l’Overshoot Day, in precedenza conosciuto come Ecological Debt Day. Coincide con il giorno dell’anno in cui l’uomo arriva a consumare tutte le risorse terrestri per l’anno in corso.
I giorni rimanenti diventano “overshoot”, espressione inglese per indicare che si è superato il limite massimo.
Le previsioni del Global Footprint Network suggeriscono che l’Overshoot Day 2023 cade il 2 agosto.
Come si calcola l’impronta ecologica totale?
Stabilito che cos’è l’impronta ecologica, bisogna capire come viene calcolata.
L’operazione prevede un confronto tra le risorse consumate da un singolo individuo e lo spazio che un essere umano occupa.
Il rapporto si esprime in chilogrammi per ettari (kg/ha):
- kg indica il consumo medio annuo pro capite di un bene di consumo:
- ha è la sigla che identifica invece il metro di misura dell’ettaro che è l’equivalente di mille metri quadrati.
Le stime suggeriscono che ogni persona abbia a disposizione tra 1,7 e 1,9 ettari di Terra da cui ricavare risorse e su cui riversare i suoi rifiuti. Questo spazio viene definito come biocapacità per persona.
Nel 2022 il rapporto dava un valore di 2,6 ettari globali. A conti fatti, un dato in eccesso rispetto alla reale disponibilità mondiale. Quindi una sola Terra non basta.
Ecco perché l’Overshoot Day si palesa sempre più presto: negli Anni ‘70 arrivava in dicembre, anticipando la cadenza in autunno negli Anni ‘80 e presentandosi tra fine estate e inizio Settembre a cavallo tra gli Anni ‘90 e il nuovo millennio.
Se l’impronta ecologica supera la biocapacità per persona si prospetta lo scenario del deficit ecologico.
La cartina mondiale sul deficit ecologico è piuttosto chiara:
- il fenomeno è molto diffuso in Europa, Stati Uniti, Messico, Cina e Giappone;
- si allarga ad alcuni Paesi africani (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Sud Africa);
- coinvolge anche il Medio Oriente, l’Arabia e l’India.
Tra le variabili da tenere in considerazione ci sono la densità della popolazione e il livello di sviluppo economico degli Stati. Sono entrambi fattori che incidono sulla richiesta di risorse, sul consumo di beni e sulla produzione di scarti e rifiuti.
L’Italia rientra tra le nazioni con un deficit ecologico marcato (-3 nel 2022). Se il trend italiano fosse lo stesso in tutto il mondo, servirebbero 2,8 pianeti per soddisfare la richiesta di consumi.
È giusto però ricordare che dal 2004 al 2006 il valore era quasi il doppio: -5,9. Significa che dei passi avanti sono stati compiuti e non è il caso di fermarsi.
Cosa possiamo fare per ridurre la nostra impronta ecologica?
Le singole abitudini e i propri comportamenti sono lo strumento a disposizione per cercare di ridurre l’impatto dell’impronta ecologica.
Per contribuire ad aiutare il Pianeta nel rigenerare le risorse consumate, basta prestare attenzione ad alcune buone prassi in contesti quotidiani.
Cibo e prodotti alimentari
- Consumare prodotti locali e stagionali;
- acquistare solo il necessario per evitare sprechi;
- scegliere pesce pescato in modo sostenibile;
- limitare il consumo di carne.
Trasporti
- Quando possibile, evitare di muoversi in auto e prendere i mezzi pubblici;
- spostarsi in bicicletta o con mezzi sostenibili;
- per le tratte che lo prevedono, optare per il treno invece che per l’aereo.
Energia
- Ridurre il consumo d’acqua in bagno;
- chiudere l’acqua durante il lavaggio delle stoviglie;
- spegnere i dispositivi elettronici;
- evitare di tenere a lungo in carica il cellulare;
- scegliere prodotti ad alta efficienza energetica.
Sempre nell’intento di diminuire l’impatto nell’uso dell’energia casalinga, si può intervenire sulle modalità con cui riscaldare gli ambienti, per esempio abbassando di un grado la temperatura.
Per ottenere un benessere termico nella stagione invernale, 20° gradi sono più che sufficienti. Un livello più alto comporta solo maggiore consumi con conseguenti ricadute anche sull’ecosistema.
La tecnologia avanzata apre le porte a strumenti di controllo e gestione particolarmente efficienti. Dalle valvole termostatiche smart con cui regolare la temperatura anche da remoto alle caldaie e ai termosifoni che ottimizzano il rendimento, si possono limitare al minimo gli sprechi.
La tecnologia aiuta e la giusta attenzione contribuisce ulteriormente. Eseguire le regolari manutenzioni degli strumenti che abbiamo nelle nostre abitazioni facilita il loro buon rendimento: operano nel modo corretto e non sprecano energia preziosa. In questo senso, sottoporre per esempio le caldaie ai controlli previsti riduce i rischi di impattare negativamente sull’ambiente.
Semplici investimenti che contribuiscono ad uno sviluppo sostenibile e così l’impronta ecologica sul mondo può essere davvero pulita.
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